sabato 11 ottobre 2014

Sodoma, parte 3


Per La Parte Precedente
Al principio fu buio, nero pece e nulla, poi si aprirono le fauci della bestia e l’antro immenso fu illuminato dal bagliore delle fiamme che divampavano nel profondo della sua gola.
L’uomo si accorse che qualcuno aveva appoggiato il capo sul suo petto, vedeva i suoi capelli lunghi e scuri illuminati dalla luce sfuggente, sentiva il suo profumo di erbe selvatiche. Quando la testa si sollevò guardandolo con occhi scuri dalle lunghe ciglia, lui rimase senza fiato, era Rebeq.
-Grazie Lot- disse in un soffio muovendo appena le labbra – Ma era troppo tardi-
L’uomo, Lot, scosse la testa stringendola più forte, era coperta con lo stesso vestito da notte sporco e rovinato con cui l’aveva vista l’ultima volta.
Sentiva che gli sfuggiva, come se qualcuno la tirasse da dietro, sotto di loro sentiva i rantoli della bestia con la gola in fiamme.
-Non lasciarmi- disse Rebeq –Mi sta chiamando- aggiunse con voce tremante.
Lot strinse più forte, sbirciò oltre la spalla sinistra della donna, verso il basso, un turbine di corpi umani nudi e urlanti venivano aspirati nella bocca del demone. Gli parve di intravedere i volti dei suoi amici e compagni di bevute, di suo fratello e sua sorella, di alcuni compagni di lavoro della fabbrica di mattoni.
-Non finirai la dentro, ti tengo- Disse Lot – E’ solo un sogno, basterà aspettare che finisca- Riusciva a tenere a malapena le dita intrecciate dietro la schiena della donna , sudava e gli girava la testa, gli sembrava che gli occhi di sua moglie fossero lontani centinaia di metri, anche se si trovavano solo a poche spanne dal suo viso.
 Lot stringeva i denti, sentiva il volto avvampare, si accorse di piangere.
- Ti prego Lot- Disse la donna guardandolo in viso, aveva le guance rigate dalle lacrime, che uscivano da quegli occhi così grandi e belli.
-Rebeq- Disse Lot in un ringhio, sentiva le braccia che pulsavano –Rebeq, non ce la faccio-
La donna scoppiò in un pianto disperato, il suo corpo era scosso dai singhiozzi,  ad ogni movimento che la donna faceva Lot sentiva le dita cedere sempre di più.
-Ti prego- Disse lui –Non piangere, non voglio…- Il dolore divampò, Lot urlò con tutto il fiato che aveva nei polmoni mentre le braccia si aprivano e il sangue sgorgava come un fiume in piena dai monconi delle sue dita.
La donna fu tirata verso il basso all’istante, come un sassolino lanciato da una fionda nella bocca della bestia oscena.
  Anche lui fu strappato via, ma verso l’alto. Lot entrò nella terra e la attraversò in un battito di ciglia fino ad aprire gli occhi e vedere un soffitto bianco e crepato.
Alzò di scatto il busto tirando via le pelli che lo ricoprivano, era su un letto  in una stanza stretta e bassa, illuminata da una finestra aperta da cui vedeva le foglie verdi e ampie di un fico.
Sul pavimento erano stesi su pelli di pecora altri due uomini, un vecchio con barba e capelli bianchi e la pelle scura, vestito di stracci e pieno di bende e un ragazzo senza neppure la barba e con la testa fasciata. Dormivano entrambi un sonno agitato contorcendosi e storcendo la bocca.
Lot era vestito con una tunica logora che sembrava un sacco con un paio di buchi per le braccia, la alzò e guardò sotto, era anche lui avvolto in bende sporche di sangue che era ora di cambiare.
L’uomo esaminò le proprie dita, c’erano ancora ma gli era difficile muoverle, come se fossero rimaste congelate, tenere il busto eretto gli faceva venire la nausea e girare la testa, si sdraiò appoggiando la testa nel cuscino.
Lot rimase li, tra il sonno e la veglia per molto tempo, guardava il soffitto su cui si formavano strane figure inconcepibili, ogni tanto era scosso dal pianto e prendeva a tremare se pensava al sogno.
Quando dalla finestra veniva la luce calda del tramonto ,la porta di legno davanti al letto si spalancò, entrò una donna alta e massiccia, dai lineamenti rozzi e i capelli crespi, la donna diede un’occhiata all’interno della stanza.
Il vecchio e il ragazzo erano ancora incoscienti, Lot spostò gli occhi su di lei e mentre la donna stava per richiudere la porta lui alzò il braccio.
-Ferma- disse con voce roca e debole –Portami fuori, ti prego-
Il donnone lo guardò stringendo gli occhietti, poi fece finta di non averlo sentito e chiuse la porta.
-Aspetta- Urlò Lot in un rantolo –Ti prego-
La porta si aprì cigolando, apparve di nuovo il grande volto- Taci straniero- Disse con voce bassa- pensa a recuperare le forze per andartene-
-Aiutami ad alzarmi- Disse Lot –Voglio vederla -
La donna restò sulla soglia a guardarlo per qualche secondo, poi annuì e gli venne incontro.
Lo tirò su facilmente, facendolo gemere, lo accompagnò reggendolo in piedi sulle gambe molli e indolenzite fino all’uscio della casa.
L’aria fresca lo fece rabbrividire, Lot alzò gli occhi al cielo.
L’enorme nuvola nera incombeva oltre colline, copriva un quarto del cielo e sembrava pulsare e dibattersi, c’erano degli strani bagliori rossi al suo interno che rumoreggiavano come la risata di un essere enorme e terribile.
-Si avvicina- disse la donna, Lot non disse nulla, non riuscì a guardare quella cosa a lungo –Dovete andarv…ene- disse respirando a fatica - Oppure… -quella vista gli aveva prosciugato le energie che gli rimanevano, sentiva la testa girare e presto avrebbe vomitato.
-Oppure diventeremo tutti mostri- Disse la donna -e ci mangeremo tra noi fino a quando qualche ministro di dio del cazzo non verrà a sterminarci- lo fece girare e tornare dentro.
-Sarebbe stato meglio non distruggere la tua città, ora non dovremmo scappare- Disse la donna –Mi dispiace per quei poveretti, ma sai com’è…-
-Taci, non sai di cosa parli- Disse Lot con un filo di voce –Ora riportami a letto- prese il respiro- ripartirò

presto.

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